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Terapie

La terapia che riduce il dolore e le infiammazioni.

Terapia meccanica

Uno dei metodi più usati al momento è la terapia meccanica secondo McKenzie. Si tratta di un sistema di diagnosi e trattamento dei dolori del collo e della schiena creato da un famoso fisioterapista neozelandese e sviluppato da un ampio gruppo di ricercatori in tutto il mondo ma soprattutto negli Stati Uniti. L’efficia di questo approccio è ormai ampiamente riconosciuta anche se non è ancora stata fornita, come per la massima parte dei trattamenti del sistema muscolo-scheletrico e del sistema nervoso, una dimostrazione scientifica con evidenze sperimentali certe ed incontestabili. Il metodo si basa sul mantenimento di posture corrette e sull’esecuzione di esercizi specifici per trattare alcune forme di mal di schiena e di collo, quelle cioè che hanno una causa di tipo meccanico (le posture scorrette o l’esecuzione di movimenti dannosi provocano una alterazione dei rapporti articolari con compressione di un nervo o di una radice nervosa vertebrale). Questi esercizi sono messi a punto per ciascun paziente, poiché i problemi meccanici alla base del mal di schiena variano da individuo ad individuo. Il medico o il fisioterapista esperto nel metodo li prescrive dopo una accurata valutazione del caso clinico. Gli esercizi, se eseguiti correttamente, in molti casi comportano una lenta e progressiva diminuzione del dolore che, dalle zone più “periferiche” del corpo, si sposta più vicino alla colonna vertebrale, fino a scomparire gradualmente. Il trattamento secondo McKenzie punta ad ottenere una partecipazione attiva del paziente per la risoluzione dell’episodio in corso, e soprattutto gli fornisce i mezzi per prevenire le ricadute. Un programma di auto-trattamento tarato sullo stile di vita del paziente, metterà il paziente in grado di controllare e trattare il proprio dolore con sicurezza ed efficacia. L’auto-trattamento rende possibile una veloce indipendenza del paziente dalla figura del medico/terapista, riducendo il numero delle visite cliniche e quindi abbattendo i costi di gestione. Qualora il trattamento non dia risultati soddisfacenti per la scomparsa della sintomatologia dolorosa, esso comunque fornisce indicazioni molto utili, in base alla distribuzione del dolore ed alle variazioni dei sintomi, per indirizzare verso altri trattamenti conservativi o chirurgici.

Medicina Ortopedica

Il termine di “medicina ortopedica” è stato inventato dal Dott. James Cyriax (illustre ortopedico vissuto a Londa dal 1904 al 1985) per indicare una branca della scienza medica che studia e cura in maniera non chirurgica le patologie degli organi di movimento. Si tratta di una sezione dell’insegnamento medico che è stata sempre grossolanamente trascurata. Questo ha portato a frequenti situazioni di disagio con diagnosi che rimangono vaghe e trattamenti che in molti casi non sono efficaci o sono solo superficiali. La “medicina ortopedica” che non è una medicina alternativa. Essa è un metodo di diagnosi clinica per valutare i disturbi del paziente, raggiungere una diagnosi precisa e permettere una terapia ben orientata. L’ingenuità del sistema diagnostico sta nella sua semplicità: vengono seguiti metodi standardizzati di esame che permettono il riconoscimento di forme cliniche, la differenziazione di condizioni o il riferimento agli appropriati esami diagnostici accessori. Questo approccio nella maggior parte dei casi è superiore rispetto alla tendenza attuale di esaminare utilizzando in prima istanza costose investigazioni tecniche. Le fondamenta del metodo sono: conoscenza del dolore riferito e della origine embriologica delle strutture; conoscenza della anatomia topografica e funzionale; una tecnica di anamnesi accurata e sistematica; un giudizio preciso della natura, modo di inizio e evoluzione dei disturbi. La precisione nel delinerare le condizioni permette una terapia meglio orientata e le tecniche terapeutiche si integrano perfettamente in una buona strategia di trattamento globale.

Quali sono le differenze tra il sistema nervoso centrale e il sistema nervoso periferico

La differenza più importante tra i due è la semplicità funzionale del SNP. In sostanza, il SNP è un semplice sistema di trasmissione che conduce segnali motori, sensoriali ed autonomici tra il SNC e le strutture somatiche. Il correlato clinico è un limitato repertorio di sintomi e segni prodotti da una malfunzione del SNP. Si può dedurre relativamente poco riguardo alla causa di un disturbo di un nervo periferico dai soli sintomi e segni.

Il secondo aspetto distintivo del SNP è la sua accessibilità. A differenza del cervello e del midollo spinale, che sono ben protetti da un involucro osseo, la maggior parte dei nervi periferici risiede per la maggior parte del decorso solamente ad una breve distanza al di sotto della pelle. Questa accessibilità semplifica lo studio diretto delle caratteristiche elettriche ed istologiche dei nervi periferici. La valutazione clinica delle malattie del SNP è stata molto facilitata dagli studi di conduzione nervosa e dalle biopsie di nervo, che può essere effettuata senza grossi rischi per il paziente.

Le capacità rigenerative sono diverse nel SNC e nel SNP. Nel SNC maturo, dopo un trauma si verifica poca o nessuna ricrescita degli assoni. Invece, un nervo periferico lesionato può spesso rigenerare per un lungo tratto e ristabilire connessioni funzionali. Così, molti disturbi dei nervi periferici hanno il potenziale per un recupero funzionale significativo della funzione con il trattamento. La differenza nella capacità rigenerativa è stata a lungo creduta essere correlata ad alcune proprietà intrinseche dei neuroni del SNP. Però sembre che il fattore critico sia l’ambiente al quale i neuroni sono esposti. Se un fascio di fibre del SNC (per esempio il nervo ottico o il midollo spinale) è tagliato e poi immediatamente risuturato, c’è poca crescita assonale. Però, se il moncone prossimale della stessa lesione è anastomizzato con un trapianto di nervo periferico, la ricrescita assonale si estenderà per molti millimetri attraverso il trapianto di nervo periferico e potrà anche stabilire connessioni funzionali con i neuroni obiettivo nel SNC.

Le basi molecolari e cellulari per questa differenza tra i tessuti di supporto del SNC e SNP non è pienamente compresa. Le cellule di Schwann (che sono esclusive del SNP) sembrano essere una chiave, sebbene altre cellule (per esempio i fibroblasti ed i macrofagi) siano anch’essi probabilmente coinvolti. Si ritiene che la cellula di Schwann e l’ambiente extracellulare dei nervi periferici forniscano un ambiente favorevole per la crescita assonale, attraendo e forse guidando la gemmazione degli assoni. Le classi di molecole che maggiormente influenzano la crescita e lo sviluppo delle gemme assonali in vitro sono due: i fattori di crescita e le molecole di adesione. Alcune di queste molecole (per esempio i fattori di crescita nervosa, N-caderine e laminine) sono state ben caratterizzate.

Ozonoterapia

La parola ozono deriva da una parola greca che significa “mando odore”. Si tratta di una molecola costituita da tre atomi di ossigeno. Nella pratica clinica essa viene somministrata in varie fome, diluita in grandi quantità di ossigeno o liquidi (acqua, sangue). Le concentrazioni variano generalmente da 5 a 50 ug/mL. Negli ultimi anni molti specialisti hanno iniziato a trattare le patologie articolari acute e croniche e le sindromi da intrappolamento nervoso (in particolare i conflitti disco-radicolari), con l’iniezione del gas sia in sede intra-articolare, sia peri-articolare. I risultati sono stati molto buoni. Non è ancora chiaro il preciso meccanismo di azione ma l’ozonoterapia induce molto spesso una rapida scomparsa del dolore articolare e dell’edema ed una normalizzazione della temperatura locale con probabile attenuazione della infiammazione ed un sicuro aumento della articolarità. Il trattamento in mani esperte non è rischioso e provoca solo dolore locale transitorio, senza rilevanti effetti collaterali. Ovviamente i risultati sono ottimizzati da una precisa diagnosi di sede della patologia.

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